intervista a Enrico MussoAl fine di comprendere al meglio alcune dinamiche riguardo il futuro del capoluogo ligure, ho deciso di contattare Enrico Musso, Professore di Economia dei Trasporti presso l'Università degli Studi di Genova, responsabile del prossimo Piano di Mobilità Sostenibile del Comune e Direttore del Centro italiano di eccellenza sulla logistica, i trasporti e le infrastrutture (CIELI). |
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Lei è il responsabile del prossimo Piano di Mobilità Sostenibile del Comune e Direttore del Centro italiano di eccellenza sulla logistica, i trasporti e le infrastrutture (CIELI), che cosa significa? Qual è lo scopo del Piano?
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Secondo una recente normativa italiana che recepisce una direttiva europea, le grandi città italiane devono dotarsi del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile. Questo è stato stabilito, anche nelle modalità di attuazione, da un decreto del ministro dei trasporti del 2017, con un tempo di due anni per realizzare questi piani. Il comune di Genova ha incaricato me ed ha fatto un contratto di ricerca con il Centro italiano di eccellenza sulla logistica, i trasporti e le infrastrutture dell’Università di Genova, la struttura che dirigo, per l’elaborazione del quadro strategico che riguarda il Piano della Mobilità. Avevamo già consegnato il Piano Strategico, che è il primo passo della funzione del Piano, prima che avvenisse l’incidente del Ponte Morandi e, quindi, le valutazioni erano state fatte sulla base dello stato delle infrastrutture assunto come un dato, includendo, ovviamente, anche il Ponte Morandi. Il piano resta valido, ragionando su uno scenario “a ponte ricostruito”, operazione che richiederà da un minimo di un anno/un anno e mezzo a forse qualcosa di più. L’elemento chiave di questo piano è la sostenibilità, la quale si ottiene attraverso alcune linee strategiche. Lo scopo è quello di attuare una concentrazione verso il trasporto pubblico e verso le sue linee di forza, che oggi non ci sono ancora, fatta eccezione per la breve linea metropolitana. Il piano prevede l’estensione di quest’ultima e la creazione di quattro assi di forza in sede protetta, su cui il veicolo del trasporto pubblico potrà avere una velocità commerciale molto più elevata ed essere molto più attrattivo rispetto al traffico privato. Dal punto di vista tecnologico, elemento a rapida evoluzione, il Piano non si esprime ancora perché bisognerà effettuare una valutazione sull’optare per una tecnologia di tram o una tecnologia full electric di bus o filobus. L’altro elemento di forza della strategia di sostenibilità del Piano è, come abbiamo appena scoperto, la transizione verso l’elettrico, sia del trasporto pubblico, che sarà interamente convertito, sia del trasporto privato. Per questo, ci saranno forti incentivi (sia dal punto di vista fiscale, che monetario) e delle misure ad hoc per supportare la conversione, come la creazione di infrastrutturazioni, come ad esempio le colonnine di ricarica. La scadenza è prevista entro il 2025.
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Per quanto riguarda, invece, gli impatti economici legati al crollo del Ponte Morandi, quali elementi certi si hanno a disposizione?
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Innanzitutto, bisogna definire quali tipi di impatti ci sono dal punto di vista dell’economia, in quanto questi ultimi sono collegati alle funzioni che il ponte svolgeva. Esso svolgeva una funzione di mobilità urbana e metropolitana, quindi veniva utilizzato quotidianamente da molti residenti dell’area genovese e dei dintorni. Aveva, inoltre, una funzione molto importante anche a livello interregionale e internazionale, essendo l’inizio del collegamento autostradale e costiero con la Francia. Ma la terza, la più importante, è la funzione relativa al servizio verso il Porto di Genova, porto molto grande ed esteso, i cui terminali si trovano su un arco costiero di molti chilometri, collocati in parte a Levante ed in parte a Ponente rispetto al ponte. Il crollo ha impatti su tutti e tre gli ambiti e questi sono stati oggetto di alcune prime stime, che hanno dato dei risultati ancora molto vaghi, nonostante l’ordine di grandezza sia molto importante. Le prime valutazioni, effettuate a due mesi dal crollo del ponte, sulla riduzione delle tasse portuali per stimare la riduzione del traffico portuale, parlavano di una riduzione del 30% che non sarà, in realtà, così elevata, ma che si collocherà intorno al 10%. Un calo dei traffici portuali del -10% è molto significativo per l’economia e questa percentuale potrebbe addirittura aggravarsi nel tempo, perché le scelte degli operatori logistici e delle compagnie marittime non sono immediate. Soprattutto dopo il crollo del ponte, c’è stato anche lo sforzo delle imprese, dal punto di vista della responsabilità sociale, di mantenere il Porto di Genova come punto di riferimento. Se nel giro di pochi mesi si percepisce la volontà di ricostruzione, gli imprenditori logistici potranno fare lo sforzo di mantenere il presidio su Genova, anche se più costoso. Se la situazione, invece, non si smuove e rischia di durare molti anni, gli operatori lasceranno stabilmente il Porto di Genova per investire altrove e faranno altre scelte strategiche dalle quali poi non è detto che torneranno indietro, anche se il ponte sarà ricostruito. Rischia di diventare una perdita di lungo periodo che sarà difficile da riconquistare. Non ha senso stimare in modo specifico gli impatti, perché dipenderanno interamente dalla velocità della ricostruzione del viadotto.
In linea generale, per quanto riguarda gli impatti economici relativi al commercio interregionale, c’è una stima effettuata da alcuni studiosi del Dipartimento di Economia dell’Università di Genova, il cui ordine di grandezza si aggira intorno al miliardo di euro. |
Alla luce di queste considerazioni, potrebbe quindi avvenire un re-indirizzamento dell’attività commerciale verso altri porti?
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Si, ma con un’aggravante propria di come si è organizzata l’economia portuale negli anni recenti. Analizzando il concetto di integrazione verticale tra l’industria del trasporto in senso stretto e l’industria portuale, si può notare che, in termini economici, quest’ultima ha comportato per alcune compagnie marittime internazionali l’investimento diretto sui terminali portuali, ottenendone le concessioni o subentrando nelle società che gestiscono questi ultimi. Questo viene fatto in modo da poter contare su una rete di terminali del mondo che sono a tutti gli effetti in loro possesso. L’operazione viene effettuata non tanto per ottenere profitti sul terminale, ma per poter controllare al meglio l’intero ciclo di trasporto e non avere gravi incertezze sui tempi di resa. Per quanto riguarda Genova, grandi compagnie marittime stanno facendo degli investimenti considerevoli, è il caso di Msc Crociere, ad esempio. Quando abbiamo delle grandi compagnie che investono pesantemente, con programmi a lungo termine, sui porti, vi è una certa rigidità nel momento in cui bisogna decidere se allontanarsi o meno dal terminale in questione (Msc non ha alcuna intenzione di farlo). Nel caso in cui si decidesse di investire in altri porti, la decisione non sarebbe momentanea ma, al contrario, permanente. Questo perché, seguendo i meccanismi di costi fissi e variabili sul lungo periodo, converrebbe riorganizzarsi altrove, in quanto i costi da sostenere in uno stato di emergenza come questo potrebbero di gran lunga superare quelli necessari per cambiare punto di interesse. Se, invece, si ragionasse nel breve periodo, si tenderebbe a mantenere la propria organizzazione nonostante ci sia un aumento dei costi.
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Qual è il settore che potrebbe risentire maggiormente di questa situazione di crisi negli anni a venire?
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Per quanto riguarda il turismo, il fatto di aver riscontrato un calo di arrivi da parte dei turisti stranieri è un problema, in quanto sono un importante fattore di crescita per Genova. Dobbiamo, quindi, pensare che dopo il grande messaggio negativo - che è arrivato in tutto il mondo con una eco mediatica eccezionale - di questo incidente gravissimo, un impatto negativo sul turismo era scontato. Il turista non ha un obbligo di destinazione e le sue scelte si basano sul gusto. Un evento come il crollo incide molto di più sui gusti del momento e porta, sicuramente, il turista a cambiare destinazione, mentre per quanto riguarda il trasporto di merci, il trasportatore non può cambiare itinerario e sarà costretto a sostenere maggiori costi e tempistiche per rispettare l’organizzazione dell’azienda. Una componente importante per il settore è, senza alcun dubbio, il turismo croceristico, il quale è in continua crescita. Se gli operatori marittimi, basati in Liguria, mantengono i loro porti di riferimento - Savona per Costa Crociere e Genova per Msc Crociere - ci potranno essere disagi per raggiungere il porto d’imbarco, ma il danno economico sarà relativamente limitato. Se invece questa situazione dovesse comportare dei danni permanenti, allora potremmo aspettarci degli investimenti molto più articolati di queste compagnie verso altri porti, che in realtà già utilizzano. La vera questione è che Genova e Savona sono principalmente dei porti di imbarco e se l’imbarco dovesse essere spostato altrove (e non sembra questo il caso) il danno sarebbe molto più rilevante per l’economia ligure.
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Cambiando argomento, e sapendo che Genova ha subìto molti cambiamenti negli anni in termini demografici ed occupazionali, qual è la percezione che i cittadini hanno della propria città? Il crollo potrebbe aggravare anche questo fattore?
I giovani potrebbero scegliere di investire sulla loro vita e carriera altrove? |
Per quanto strano possa sembrare, l’evento del crollo non è, da solo, tale da determinare questo tipo di scelte, ma si inquadra, semplicemente, in un contesto. Negli anni, l’andamento demografico è stato negativo, teniamo a mente il fatto che in un terzo di secolo, Genova ha perso un terzo dei suoi abitanti ed un terzo dei suoi posti di lavoro. Questo trend ci accompagna dalla fine degli anni 70 fino a poco tempo fa. In questo arco temporale di 30 anni, molte persone hanno ragionato sul programmare il loro futuro altrove, in particolare molti giovani, e questo ha avuto un effetto cumulativo trasformando Genova in una città di anziani, in costante declino. Se rispetto ad un trend di questo genere noi avessimo fatto un nuovo ponte o rifatto a nuovo quello precedente, non credo che avrebbe da solo influito sul trend negativo che si era creato. La possibilità di crearne uno positivo, che modifichi quello negativo degli ultimi trent’anni, non si lega soltanto a ricostruire il ponte in tempi rapidi, ma è legato ad un insieme di scelte strategiche che questa città sta cercando di fare, ma che non è detto che riesca a fare. Molte scelte riguardano le grandi infrastrutture, ora in primis il ponte, ma, quando questo era funzionante, al primo posto c’era il completamento del Terzo Valico Ferroviario ad alta velocità e capacità che è fondamentale sia per le merci – e quindi collegare dal punto di vista ferroviario in modo efficace i porti di Genova e Savona con la pianura padana e gli stati confinanti come Svizzera e Germania meridionale - sia per i passeggeri, in quanto rende il collegamento, principalmente con il milanese, molto più veloce con un conseguente apprezzamento dei beni immobiliari e del valore dei terreni dell’area genovese. I vantaggi che potrebbe portare il Valico sono importanti nel contesto, unite ad altre opere infrastrutturali in fase di progettazione che riguardano la rete autostradale, la rete ferroviaria ed il porto. Inoltre, c’è la volontà, che la città esprime attraverso il Piano per la Mobilità Sostenibile, di avere una qualità sia del trasposto che dell’ambiente completamente diversa rispetto al passato, ottenendo una città in cui la viabilità sia migliore e dove si viva meglio. Questi elementi però non bastano, ne servono altri che riguardano il settore della formazione, delle imprese, il sistema finanziario ecc.
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Questo trend potrebbe cambiare in seguito alla ricostruzione?
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Non è solo grazie alla ricostruzione del ponte che potrebbe cambiare la tendenza negativo degli ultimi trent’anni ma, diciamo che, il nuovo ponte, insieme a molti altri elementi, potrebbero non contribuire all’inversione del trend nella prossima generazione. Il clima di fiducia o di sfiducia, generalmente, è collegato al periodo storico immediatamente precedente, il quale abbiamo visto non essere particolarmente positivo. Paradossalmente, venendo da una tragedia del genere e da un trentennio negativo, il clima di questi ultimi tempi era di moderato ottimismo. Per passare ai fatti, ora tutta l’attenzione è posta sulla ricostruzione rapida del ponte, elemento che è passato indubbiamente in primo piano rispetto ad altri. Rimangono tutti gli altri elementi prima enumerati da migliorare, dal punto di vista dei trasporti e delle infrastrutture, fino all’apparato universitario. Tutte queste intenzioni stanno cominciando a dare frutto e permettono di dire a chi sta a Genova oggi, perfino dopo il crollo del ponte, che questo clima moderatamente positivo è quello che, tuttora, prevale nel medio-lungo termine.
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